Ogni azienda ha dei tratti distintivi che la caratterizzano e, molto spesso, a renderla unica è quello che viene definito know how aziendale, quell’insieme di competenze, conoscenze e abilità che definiscono il suo approccio al business. Non si tratta di un asset materiale, ma nonostante questo è quello che può fare la differenza sul mercato e che spesso definisce i valori.
Facendo qualche esempio, possiamo far ricadere all’interno del know how aziendale le competenze in un settore specifico, come la capacità di gestire infrastrutture cloud o l’esperienza maturata in soluzioni di computer vision per l’identificazione automatizzata dei difetti nella produzione. Ma anche le procedure interne, i flussi di lavoro, i modi di porsi nei confronti dei clienti, i processi lavorativi, gli strumenti sviluppati internamente fanno parte di questo bagaglio di conoscenze chiave.
Il know how aziendale non è qualcosa che si crea da un giorno all’altro, ma che si genera e si affina col tempo. Se alla nascita dell’azienda questo patrimonio è ancora tutto in via di sviluppo, man mano che si affinano processi e procedure diventa sempre più codificato, così da poterlo trasferire ai nuovi assunti, che non dovranno brancolare nel buio o dipendere totalmente dai loro responsabili per ogni attività, ma potranno contare su manuali, best practice, digital asset e knowledge base interne in grado di guidarli.
Cosa significa know how in contesto aziendale?
Prima di proseguire, soffermiamoci sul significato del termine stesso. Sentiamo spesso parlare di know how, in economia, nella gestione aziendale ma anche nella vita di ogni giorno, spesso senza avere contezza del significato reale del termine. Nel contesto aziendale, possiamo definire il know how come l’intero insieme delle competenze, sia sotto il profilo tecnico sia sotto quello dell’esperienza sul campo e delle soft skill. Si tratta di un patrimonio unico, risultato di anni di lavoro e studi, anche empirici, e di pratica. E se da un lato, come ogni patrimonio, deve essere giustamente tutelato, come vedremo secretarlo, cioè nasconderlo o renderlo poco accessibile all’interno dell’azienda può essere controproducente.
Fortunatamente, grazie agli strumenti digitali e a una buona gestione, è possibile trovare il punto di equilibrio perfetto fra questi due bisogni.
Codificare il know how aziendale e renderlo accessibile a tutti
In molti casi, il know how aziendale è legato alle capacità di specifiche persone all’interno dell’impresa o trasmesso per via orale, quasi come fosse un segreto. Se è vero che ha senso proteggere questo patrimonio allo stesso livello di una proprietà intellettuale, evitando anche che diventi di dominio pubblico (sarebbe un regalo alla concorrenza), non bisogna dimenticare che per valorizzarlo è necessario che sia facilmente accessibile a tutti i dipendenti. Facciamo l’esempio di una procedura: idealmente, chiunque debba occuparsene in azienda dovrebbe avere gli strumenti per gestirla in maniera self service. Quindi è necessaria una documentazione, la lista degli strumenti e dei servizi necessari per svolgere le operazioni, anche eventuali FAQ per risolvere i problemi più comuni. Strumenti che non sostituiscono la formazione dei nuovi assunti, ma devono farne parte integrante. Se tutte le procedure sono infatti codificate e accessibili a chiunque, non si andranno a bloccare processi dovuti a imprevisti, come l’assenza di una persona dovuta a una malattia o ad altri fattori. Né i dipendenti perderanno tempo a raccogliere pezzi di informazioni da varie figure o da Internet, per poi mettere tutto insieme. Si risparmia insomma tempo e si guadagna in efficienza e produttività, responsabilizzando allo stesso tempo tutte le funzioni aziendali.
Il problema dei silos
Ci sono casi in cui il knowledge base è codificato, ma sparso è frammentato: procedure inviate via mail ai nuovi arrivati, integrate da circolari interne, messaggi WhatsApp, tutorial sulla intranet. Il risultato di tanta frammentazione è che non esiste una fonte unica, si perde molto tempo a trovare le informazioni necessarie e si rischia di non offrire a tutti le versioni più recenti e aggiornate di procedure e strumenti.
Il primo passo è quindi quello di dotarsi di strumenti per creare una knowledge base interna, che racchiuda tutte queste informazioni in un unico luogo, accessibile a chiunque ne abbia il diritto. La knowledge base dovrebbe essere strutturata in modo da essere di facile comprensione, ben indicizzata e, soprattutto, estremamente diretta. Non dovrebbero esserci giri di parole, non dovrebbero esserci rimandi a mille differenti sezioni: una knowledge base ben indicizzata permette in pochi istanti di trovare la soluzione al problema. Che si tratti di utilizzare uno specifico strumento, di seguire un processo codificato oppure “semplicemente”, di passare il problema a uno specifico reparto o figura quando si verificano particolari condizioni. Un classico esempio di ambiti in cui una knowledge base ottimamente strutturata fa la differenza è quello dell’assistenza, sia nei call center destinati al pubblico (per esempio quelli delle telco) sia per l’helpdesk interno. Gli addetti a questi reparti devono poter infatti contare su una documentazione chiara e facilissima da comprendere per riuscire a individuare e risolvere il problema nel minor tempo possibile, senza perdere tempo a cercare all’interno di un enorme documento la sezione rilevante in quel momento.
Ottimizzazione del know how aziendale: un lavoro senza fine
Gestire il know how aziendale è un lavoro che richiede un costante affinamento nel tempo. Se non è presente una knowledge base, è necessario crearla da zero, mettendo insieme tutti i documenti e le procedure. Un lavoro che inizialmente può richiedere un investimento importante in termini di tempo, e che non è sempre banale, tanto che vale la pena considerare di rivolgersi a realtà specializzate nella gestione documentale aziendale che possono dare una mano a rendere il tutto più comprensibile e più efficace, organizzando i dati in modo che siano semplici da trovare e contengano indicazioni semplici, precise e intuitive sulle varie procedure.
Nelle realtà più strutturate, può avere senso anche integrare delle piattaforme per i worklflow aziendali, che permettono da un lato di automatizzare le operazioni più ripetitive e a minor valore aggiunto, dall’altro di guidare i lavoratori, riducendo possibili errori.
Sia la knowledge base sia i processi, poi, vanno costantemente verificati e affinati, così da renderli sempre più precisi ed efficaci. In questo caso, rilevare i dati di utilizzo può aiutare a comprendere quali sono le procedure dove c’è spazio per ulteriori ottimizzazioni così come quelle che potrebbero generare dubbi.
La sfida più difficile non sarà l’usare queste procedure, cosa che una volta a regime sarà estremamente intuitiva, ma dare il via al cambiamento. Raccogliere tutto il know how aziendale, strutturarlo e affinarlo richiede un cambiamento e, come spesso accade, affrontare il change management non è sempre banale.
Riuscire ad avere all’interno dell’azienda un accentratore permanente della conoscenza ed esperienza umana accumulata, è di fatto un vero e proprio asset. Si pensi ad esempio al vantaggio di poter affiancare ad un nuovo operatore in formazione un assistente digitale che concentra tutta l’expertise degli esperti che lo hanno preceduto.
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