La migrazione dei sistemi IT rappresenta oggi un’opportunità per le aziende che desiderano ottimizzare le proprie operazioni e rimanere competitive nel mercato digitale in continua evoluzione. Dalle infrastrutture informatiche dipendono, in molti casi, le funzioni strategiche, gestionali, organizzative e spesso operative dell’azienda.
Per questo motivo la migrazione è un’attività molto delicata, che viene talvolta posticipata ad interim, per il timore che qualcosa possa smettere di funzionare. Tuttavia, è davvero il momento di preferire l’inefficienza endemica a qualche rischio ipotetico? Naturalmente, la risposta è no. Per evitare imprevisti e scenari difficili, è essenziale che tutto sia organizzato nel miglior modo possibile.
Perché procedere alla migrazione dei sistemi IT?
Numerose aziende, di fronte all’opportunità di effettuare qualsiasi tipo di migrazione dei sistemi IT, dal semplice cambio di ERP a una migrazione dell’infrastruttura IT nel suo complesso, vedono come ostacolo il fatto che il sistema attuale funzioni bene. In realtà, nella maggior parte dei casi, è la consuetudine costruita intorno al sistema a creare l’illusione di un funzionamento ottimale.
Oltre agli aspetti legati alla gestione del cambiamento, è fondamentale considerare i problemi e i rischi che comportano sistemi o strumenti IT obsoleti. Per esempio, l’obsolescenza¹ implica una perdita del 40% della produttività e un aumento dei rischi legati alla sicurezza informatica del 60%.
Appurato che, in molti casi, una migrazione di sistema non è solo utile ma anche auspicabile, vediamo come gestirla al meglio.
Consigli per una migrazione di sistema ottimale
Un cambio di sistema non è un’operazione immediata ed è fondamentale che una migrazione non sia improvvisata. Nella maggior parte dei casi, è necessario investire più tempo e risorse nelle fasi preliminari rispetto a quanto richiesto dalle operazioni effettive.
Asseverare l’infrastruttura esistente
Anche nelle aziende più organizzate dal punto di vista informatico, è possibile, se non probabile, avere perso il controllo della propria infrastruttura. Sostituzioni di dispositivi mai censite perché effettuate in emergenza, servizi acquisiti in via sperimentale che poi sono entrati nella consuetudine, shadow IT vero e proprio, sono solo alcune di queste. Ecco perché prima di iniziare ad affrontare una migrazione è importante conoscere a fondo la propria infrastruttura e l’articolazione dei servizi, analizzandoli in profondità.
Pianificare la migrazione con una roadmap
Una roadmap, ovvero una serie di obiettivi temporali, è fondamentale per dare direzione al progetto di migrazione, concentrandosi su esigenze e desiderata da validare in fase di progettazione. È importante stabilire i bisogni aziendali, la loro priorità e la fattibilità.
Valutare eventuali operazioni preliminari
Anche se la migrazione di una infrastruttura IT dovrebbe essere un’operazione il più possibile organica, è possibile che esistano operazioni migliorative ma indipendenti da effettuare anche al di fuori dei cambiamenti strutturali. Un incremento della connettività, per esempio, oppure gli upgrade dei client. Valutiamo, insomma, tutte le operazioni che sarebbero comunque necessarie, indipendentemente dal core della strategia.
Progettare la migrazione
Questa è la fase in cui la roadmap diventa un progetto. Attenzione: in questa fase può accadere che ci si concentri esclusivamente sugli aspetti operativi, che possono andare dalla sostituzione dei fornitori all’acquisto di nuove dotazioni, fino all’implementazione dei nuovi strumenti. Si tratta di un errore piuttosto comune, mentre in questa fase bisognerebbe investire le risorse anche sugli aspetti alti della progettazione. Per esempio, stabilendo procedure e strumenti di controllo comuni e universali per il monitoraggio della nuova infrastruttura. Estremamente importante, sempre riferendosi agli aspetti programmatici, valutare se e come rimappare i carichi di lavoro, riducendo o utilizzando in modo ottimale le risorse necessarie. Per esempio, se l’azienda negli anni è passata da uno storage locale ad uno in cloud, il file server esistente potrebbe essere riallocato come backup locale per il disaster recovery, o dismesso riducendo ingombri e consumi se esiste già una soluzione.
Esecuzione della migrazione
Se le fasi precedenti sono state osservate correttamente, la fase operativa, pur richiedendo tutte le attenzioni e cautele del caso, diventa quasi un adempimento. Al di là delle iperboli, è indubbio che una buona esecuzione sia estremamente semplificata da una buona pianificazione: conoscere in anticipo le operazioni da effettuare, come si innestano nel quadro globale e gli eventuali imprevisti che potrebbero sorgere permette una esecuzione lineare.
Audit, verifiche e monitoraggio
Una buona migrazione di sistema prosegue anche dopo il deployment: successivamente alla messa in opera dei nuovi sistemi e soluzioni e asseverato che i servizi vitali siano in funzione, si può dire che, in un certo senso, inizi il vero lavoro. Anche se tutto è andato per il meglio, infatti, emergeranno sicuramente margini di miglioramento, che dovranno essere presi in discussione, valutati e implementati. Si tratterà anche dell’occasione in cui verificare che gli strumenti e le strategie di monitoraggio del sistema progettati siano realmente efficaci e funzionanti.
Gestire al meglio una migrazione: dare il giusto peso alle diverse fasi
Quando si pensa a una migrazione di sistema, spesso la maggior parte delle attenzioni è concentrata sugli aspetti operativi. Le fasi preliminari e successive rivestono però un ruolo altrettanto strategico. In particolare, quelle che prevedono la progettazione del nuovo sistema e delle strategie per mantenerlo sotto controllo e in efficienza. Questo, unito all’attenzione per le esigenze aziendali e ad una realizzazione a regola d’arte, permetterà di sostituire i vecchi sistemi, di qualunque tipo, minimizzando il rischio di malfunzionamenti, inefficienze o altri imprevisti.
¹Fonte: oryxalign.com 9 ways outdated IT infrastructure management hurts
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